“Uno strano
movimento di strani studenti”: così viene definito all’alba del ‘77 il Movimento
che irrompe in Italia sotto forma di contestazione studentesca (contro la
circolare Malfatti che cancella il piano di studi libero introdotto dal ’68) ma
da subito svela la natura composita del “soggetto” che scende in piazza,
formato da liceali e universitari, e proletari, operai, femministe, indiani
metropolitani. Un soggetto rivoluzionario che trova il suo comun denominatore
nella rottura definitiva con la sinistra istituzionale (che culminerà nella
cacciata di Lama, segretario generale della Cgil, da La Sapienza di Roma occupata)
e nel rifiuto di farsi istituzione a sua volta. Anno di fortissime tensioni e
di manifestazioni di piazza che sfociano puntualmente nella guerriglia urbana,
il ‘77: la violenza verrà teorizzata ed assunta da una parte del movimento come
necessaria alla trasformazione dello Stato presente. Sarà questa la sua fine, nell’autunno,
fra lotta armata ed eroina, ma il riflusso non cancellerà l’innovazione sociale
prodotta da quel movimento. Il rifiuto del lavoro salariato e
l’autorganizzazione della cooperazione, la nascita delle radio libere e dei
centri sociali, l’autoproduzione artistica.