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mercoledì 14 luglio 2004

Fuscaldo. La prima volta degli Afterhours



I MESI ESTIVI, per la gioia degli appassionati di musica calabresi, ricordano sempre più un gioco che, da qualche parte, si continua a fare. Lo scambio delle “figurine”. Quel rito consumato durante la ricreazione o all’uscita di scuola (talvolta, censurato da severissime maestre, finiva con il sequestro...) che, tra un «ce l’ho» e un «mi manca», portava al completamento dell’album Panini. Nell’ambito del «c’è  manca» dell’estate 2004, il musicomane di area cosentina può ora annoverare due “figurine” mancanti di primo livello. Quasi come Pizzaballa e Cinesinho. Ovvero: Afterhours e Verdena. Alla DB Eventi e l’associazione  Entropia, quest’anno, è riuscito un gran colpo. Dodici mesi fa, avevano portato, allo stadio di Fuscaldo, Meganoidi ed Africa Unite. E la risposta del pubblico era stata notevole. Ma i live di Afterhours (31 luglio) e Verdena (7 agosto) a Fuscaldo hanno un significato ancora maggiore.

La band capitanata da Manuel Agnelli, infatti, in Calabria non aveva mai messo piede. Nonostante un pò della loro notorietà abbia profonde radici calabresi. Che spieghiamo subito.
Gli esordi del gruppo (1989), infatti, sono in lingua inglese: un Ep (All the good children go to hell) e un album d’esordio (During Christine’s sleep) che richiamano l’attenzione della Geffen, la casa discografica che all’epoca produceva Nirvana e Guns n’ Roses. Ma non se ne fa nulla.
La lingua di Dante, che ispirerà tutti i successivi album, dall’ottimo esordio, Germi, in poi, gli Afterhours la usano per la prima volta nel 1992. Salgono sul palco di Arezzo Wave. La batteria di Giorgio Prette parte soffice. Dalla sua chitarra elettrica parte un riff già noto, ma distorto. Come le parole: «Non ha mai pagato per fare l’amore, non ha mai vinto un premio aziendale...». Manuel Agnelli riscopre Rino Gaetano e Mio fratello è figlio unico prima che la “Rinogaetanite” dilaghi su scala nazionale.
Da allora, a parte una mezza battuta a vuoto (il disco Non è per sempre, con troppe concessioni al pop), una gran carriera. Un album capolavoro assoluto, e non solo del loro repertorio (Quello che non c’è, 2001). Temi che affondano le mani nell’insoddisfazione di più generazioni («perché non posso dirti di non essere felice? non sono meno vivo...»).
Dei Verdena, invece, si ricorda un concerto un paio di anni fa in quel di Castrovillari. La band di Bergamo, all’epoca, era appena agli esordi e teneva un’attività live molto intensa lungo lo “stivale”. Da allora, molto è cambiato. Prima l’incontro con Giorgio Canali, all’epoca nei CSI, e l’uscita del primo album omonimo.
Quindi, altre due produzioni d’eccezione: Mauro Pagani e Manuel Agnelli, di cui sopra avete letto le gesta. Nasce Solo un grande sasso, lavoro ambizioso con sonorità che spaziano dalla rudezza delle (lontane) origini, grazie al piano rhodes e al mellotron. Infine, nel 2003, il loro ultimo lavoro: Il suicidio del samurai. Curiosità: il titolo è lo stesso di una delle prime canzoni scritte da Kurt Cobain, Samurai suicide. (…)
(Andrea Marotta, Il Quotidiano della Calabria)

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