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martedì 29 novembre 2011

Documentario su Stefano Cucchi, la proiezione al DAM


Ilaria Cucchi: “Un film per riaprire il processo sulla morte di mio fratello”

La pena di morte in Italia non c’è, ma Stefano l’ha avuta”. E ancora: “La speranza è che il processo vada a monte per ricominciare con dei presupposti più veritieri”. 147, e 148: non sono numeri, ma morti di carcere. Il 148° del 2009 è stato Stefano Cucchi, deceduto il 22 ottobre a 31 anni, in circostanze ancora da accertare, nel Reparto di Medicina Protetta dell’Ospedale Pertini di Roma, sei giorni dopo il suo arresto. 148 Stefano. Mostri dell’inerzia è il documentario di Maurizio Cartolano, prodotto da Ambra Group e distribuito dal Fatto Quotidiano il 30 novembre, presentato in anteprima al Festival di Roma: “Restituisce l’immagine autentica di Stefano e dei suoi rapporti con la famiglia, perché la sua storia sopravviva alle ipocrisie: ora è l’unico mezzo, perché sono sfiduciata della vicenda giudiziaria”, dice Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, anima e nerbo del progetto.

Che è un’arma preziosa, perché “il ruolo dell’informazione è fondamentale, il processo mediatico più importante di quello giudiziario”, e si aggiunge a un altro privilegio: “Mi sento quasi irriconoscente e irrispettosa verso le altre famiglie che non possono neanche avere un processo. Noi il processo ce l’abbiamo, ma è tutto difficile, perché il primo processo è alla vittima e alla famiglia. E Stefano è un tossico che meritava di morire”, accusa Ilaria. Eppure, la fiducia nello Stato c’è ancora: “Da cittadina onesta la devo avere, anche se sono pessimista: è normale che una famiglia sia abbandonata a se stessa nelle aule?”. Parole e numeri che bruciano: “148 ristabilisce la verità: in Italia non c’è la pena di morte, ma mio fratello l’ha avuta”. E nemmeno è stata riconosciuta: “Le responsabilità individuali sono evidenti, ancor più quando si coprono i colpevoli: non si parla più di mele marce, bensì di macchiare tutta la categoria”. Picchiato nei sotterranei del tribunale, isolato e lasciato morire all’insaputa dei familiari, Stefano ha rivelato ancora una volta “la realtà spaventosa del carcere: quattro ore con la schiena rotta su una panca di ferro, perché il detenuto è carne da macello e il rispetto per la dignità umana conta zero”. E, dice Cartolano, “poteva accadere a chiunque, come già a Federico Aldovrandi e Giuseppe Uva.

Eppure, in tribunale si nega che Stefano sia stato picchiato: polizia penitenziaria, carabinieri e medici, c’è un sistema omertoso”. E una sola speranza, che Ilaria rivendica: “Io, Patrizia (madre di Federico Aldovrandi), Lucia (sorella di Giuseppe Uva) e Domenica (figlia di Michele Ferrulli) siamo unite e vicine”. E Il futuro prossimo è un’associazione: vittime di Stato?

(da Il Fatto Quotidiano on line)

sabato 12 novembre 2011

"Breaking the Wall... Street!" Nuova rassegna di film al DAM

La rivista on line SVAR, emanazione del Laboratorio di Italiano Scritto della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria, in collaborazione con il Dipartimento Autogestito Multimediale (D.A.M.), presenta la rassegna cinematografica dal titolo Breaking the wall…street. La rassegna si terrà presso la sede del D.A.M. (Polifunzionale - Unical) tutti i martedì a partire dal 15 Novembre fino al 13 Dicembre, alle ore 21:15.

I documentari e i film in programma riguardano questioni fondamentali ed ineludibili. The Corporation e Capitalism affrontano le dinamiche del capitalismo finanziario e “globalizzato”, sempre più pervadenti, e la spietata logica del “profitto a qualunque costo” (qualunque costo sociale, umano, ambientale) che le ispira, svelando le “strutture profonde” e i meccanismi del dominio planetario esercitato dal sistema integrato Banche-Multinazionali (dominio che condiziona a tutti i livelli il mondo e l’esistenza delle persone). L’undicesima ora tratta gli effetti devastanti dell’industrializzazione sull’eco-sistema, mostrando quanto sia inderogabile la necessità di riconsiderare il nostro modello di sviluppo. La terra degli uomini rossi denuncia la violenza sistematica dei latifondisti bianchi brasiliani nei confronti degli indios, cacciati dai loro luoghi nativi e ridotti in miseria. Oltre ad indurre un ripensamento complessivo dei rapporti tra la civiltà occidentale e le culture “altre”, il film ha il pregio di porre al centro dell’attenzione il tema della terra, in una fase in cui non solo il Terzo Mondo, ma anche certi cosiddetti “Paesi in via di sviluppo” (come l’India) stanno subendo l’ennesima, rinnovata fase dello sfruttamento colonialista, mentre multinazionali e Stati come la Cina fanno incetta di enormi estensioni di terreno coltivabile, rovinando così le tradizionali economie locali. V per Vendetta, infine, tratta gli aspetti ormai sempre più orwelliani del Potere.

I documentari e i film, dunque, toccano quei vari aspetti del dominio capitalista globale che vanno compresi nella loro reciprocità ed interazione. Per questo la rassegna ha volutamente un carattere integrato e “strutturale”, teso ad indurre una riflessione complessiva sul Potere. Proprio perché i diversi e variegati fenomeni sociali, economici e politici che ci investono e determinano le nostre vite non sono inscritti in un “ordine naturale delle cose”, né sono l’esito inevitabile di un telos metafisico, ma dipendono sempre dalla volontà e dall’agire di qualcuno, negli interessi di una ristretta minoranza sovranazionale che, attraverso una rete di organismi riservati (Club Bilderberg, Commissione Trilateral ecc.) e di istituzioni internazionali (ONU, UE, BCE, FMI ecc.) controlla l’economia, la politica e l’informazione. E già solo prenderne coscienza è un atto di libertà. Vi invitiamo a partecipare alla nostra iniziativa.